Immersione sul relitto delle catene

Il piroscafo Nina venne costruito su ordine del British Shipping Controller di Londra nel 1919. Nel 1943 fu requisito passando sotto il controllo tedesco e il 20 febbraio 1944 colò a picco plausibilmente per un siluramento da parte di un sommergibile britannico a largo di Genova anche se alcune fonti collegano l’affondamento del Nina a quello dell’UJ2208 avvenuto a poca distanza.

Il Nina, o relitto delle catene, è una delle immersioni più impegnative del Golfo di Genova sia per la sua profondità, dai -98 ai -115 metri, che per la scarsa visibilità e presenza di lenze che caratterizzano la zona; è però anche una delle immersioni più affascinanti per per via della posizione del relitto stesso. La poppa, appoggiata sul ciglio della scarpata che scende ripida oltre i 200 metri, è la parte più scenografica della nave assieme all’elica e al timone entrambi sospesi nel vuoto a 115 metri.
Risalendo sulla coperta sono visitabili due stive ancora piene di catene e di materiale ferroso. Il centro nave è abbastanza integro con gli argani delle scialuppe di salvataggio e il fumaiolo accartocciato su se stesso.

La prua è adagiata su un fianco in contrapposizione al resto del relitto ed è in cattivo stato di conservazione; sul fondale fangoso è visibile e in buono stato il telegrafo di macchina. La penetrazione all’interno del relitto è possibile ma occorre prestare molta attenzione; la via più interessante è senza dubbio quella della sala macchine dove sono visibili i motori, le caldaie e stranamente alcuni suppellettili della cucina.

L’immersione sul relitto del Nina è estremamente impegnativa e ricca di insidie e si consiglia a subacquei trimix avanzati con tecniche affinate nella esplorazione di relitti profondi.  

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